Disciplina, freddezza, determinazione. La campionessa italiana di sciabola racconta come la scherma l’abbia cambiata, affinando la sua indole competitiva pronta a vincere in tutto 

Siate attenti quando parlate di “gioventù bruciata” e se lo fate davanti a Chiara Mormile, vi consiglio anche di mettervi in guardia: è una campionessa italiana di sciabola. Bionda, sorridente e irresistibilmente simpatica con quella cadenza romana che rende tutto più confidenziale, a soli 23 anni vanta già una lunga lista di vittorie, conquistate a colpi di sciabola e tanta determinazione. Il suo sguardo è proiettato verso il futuro, pronto a completare gli studi e a vincere ancora nuove medaglie: a giudicare dalla sua storia, siamo convinti che regalerà ancora tante soddisfazioni.

Chiara la tua passione per la scherma è sbocciata a nove anni, mentre guardavi un aitante Aldo Montano in una gara in TV. È una storia fatta di tanta determinazione la tua.

«Esattamente. I miei genitori mi hanno sempre inculcato il mito dello sport, infatti ho provato un po’ di tutto: sci, piscina, ginnastica ritmica, atletica. Ma da bambina ero così tranquilla e pacifica che mai si sarebbero aspettati la scherma e devo dire che dopo aver iniziato con questo sport è emersa una Chiara completamente diversa da quella che ero prima. Aldo Montano è rimasto il mio primo amore (ride, Ndr)».

In cosa ti ha cambiata la scherma?

«Mi ha formata tantissimo. Prima ero impulsiva, irascibile, adesso sono più riflessiva, equilibrata. Le vittorie e le sconfitte mi hanno aiutata a ponderare le emozioni e a non farmi dominare totalmente da loro».

Tornando al tuo colpo di fulmine con questo sport, dopo un po’ di sorpresa da parte dei tuoi genitori sei riuscita a convincerli e a iniziare questa nuova avventura.

«Sì, all’inizio questa mia richiesta è stata un po’ ignorata da parte dei miei, ma dopo tanta insistenza sono riuscita a convincerli e mi hanno iscritta al Club Scherma di Roma».

Dopo quanto tempo sei passata alla sciabola?

«Dopo pochissimo. Ho iniziato col fioretto e nonostante fossi molto scoordinata, tutti si stupivano della mi forza. Ero magrissima e alta, ma colpivo con decisione. Nel 2005 ho iniziato con la sciabola e dopo aver vinto la mia prima gara regionale ho capito che non ne avrei più fatto a meno. Il gusto della vittoria che mai avevo provato fino ad allora, praticando altri sport, è stato decisivo».

 Nel frattempo prendeva forma la nuova Chiara. Quanto allenamento c’è in questo sport che probabilmente dall’esterno è sottovalutato?

«Sì, in molti affermano che si tratti di uno sport in cui non c’è tanto allenamento, ma non è vero. 

Io mi alleno per circa sette ore al giorno, tutti i giorni tranne sabato e domenica. Sicuramente è uno sport in cui conta molto la tecnica e spesso è la testa a fare a differenza, ma la componente fisica è fondamentale: gambe, braccia, assalti, dobbiamo curare tutto».

Quanto è stato difficile conciliare la scherma con lo studio e la tua vita da ragazza?

«Ho capito subito che per fare scherma a livello agonistico non avrei dovuto avere problemi a scuola, perché per i miei genitori è molto importante lo studio. Essendo una ragazza molto competitiva anche la scuola è diventata una forte ambizione e sono diventata una macchina da guerra. Ho deciso di iscrivermi in Scienze Politiche ma con indirizzo in lingua inglese, “Politics, Philosophy and Economics” alla LUISS e sono riuscita a conseguire già la prima laurea triennale. Continuerò i miei studi per la laurea magistrale, anche perché la LUISS mi ha offerto una borsa di studio e faccio parte del progetto LUISS Sport Academy dove ci sono delle eccellenze sportive importanti. Dovrò canalizzare bene le mie forze, anche perché fra un anno cominciano le qualificazioni olimpiche e sarà necessario concentrarsi molto anche sulla scherma».

La scherma è uno sport molto individualista, come ti relazioni con le altre ragazze della squadra?

«Sulla pedana non si guarda in faccia a nessuno. L’unico obiettivo è vincere. È una lotta sfrenata, ma fuori mi piace molto mantenere delle amicizie, a differenza di chi vive in un costante clima di competizione».

Quanto influiscono l’atmosfera e il condizionamento esterno durante una gara?

«Tantissimo. Devi sostenete la pressione del commissario tecnico che dovrà fare le sue valutazioni, di tutti quelli che ti giudicheranno. Io sono una persona che osserva molto, perciò qualsiasi movimento esterno diventa una distrazione. Da un po’ di anni sono seguita da una mental coach che lavora con me sull’allargamento e il restringimento del campo d’osservazione e mi aiuta tantissimo sulla concentrazione».

Siete tutte seguite da un personal coach?

«No, non è una figura prevista. Non c’è uno psicologo di squadra o un nutrizionista, siamo noi a decidere se essere seguite da qualcuno. Ovviamente questi aiuti non determinano la vittoria, ma di sicuro contribuiscono al raggiungimento di un buon risultato».

Hai riti propiziatori prima di una gara?

«Sì, sicuramente ci sono alcune abitudini che ripeto sempre prima di una gara e indosso sempre lo stesso paio di orecchini da anni!».

Hai vinto tante medaglie importanti, cosa rivedi quando pensi a queste vittorie?

«Tantissima gioia e anche un senso di riscatto. Quando vinco provo sempre un’emozione enorme e mi rendo conto che vale la pena crederci e avere tanta determinazione».

Chi sono i tuoi modelli di riferimento in questo sport e nella vita in generale?

«Indubbiamente Montano nel maschile, nel femminile Valentina Vezzali è un grande esempio di determinazione, ma accanto a lei ci sono anche altre atlete straniere e alcune del mondo paralimpico che rappresentano un grande modello sia nello sport che fuori dalla pedana. Sono molto attenta a valutare una persona anche al di là dello sport, perché è qui che si completa. Poi come esempio massimo di persona c’è mia madre, lei è il mio punto di riferimento per eccellenza».

La scherma è uno sport sicuramente meno accessibile rispetto a quanto può esserlo il calcio o la danza. Ti consideri una ragazza fortunata ad aver avuto la possibilità di praticarlo?

«Assolutamente. La scherma ha un bacino molto ristretto, non arriva in tutti i paesi e richiede una spesa economica non indifferente, all’inizio si investe molto, anche se si tratta di sacrifici che hanno un ritorno. Devo ringraziare tanto i miei genitori che mi hanno sempre sostenuta. Io ho iniziato a guadagnare da poco, ma prima di allora mi hanno supportato loro in tutto».

Quando hai capito che saresti diventata una professionista?

«A quindici anni ho vissuto un periodo in cui non sapevo più cosa fare e anche in quel caso i miei mi hanno aiutata tantissimo. Ho due genitori splendidi che mi hanno sempre resa indipendente, libera di seguire le mie passioni: hanno sempre creduto nel mio talento, aiutandomi a coltivarlo. 

Grazie al loro sostegno, alla vittoria nel mondiale e al concorso con cui sono entrata nell’esercito come professionista ho capito che non avrei più smesso».

Nel mondo del calcio i grandi club stanno acquistando le squadre femminili per limare un po’ le evidenti disparità di genere che corrono dietro a un pallone. Per quanto riguarda la scherma, invece,  c’è una distinzione così accentuata o no?

«C’è più discriminazione nell’ arma che fra generi. Il fioretto femminile è stata l’arma che ha vinto sempre di più. Per diversi anni invece, la sciabola non ha vinto granché e quindi anche a livello mediatico era poco considerata. Dopo un duro lavoro, ci siamo rimboccate le maniche e adesso siamo le numero uno nel ranking mondiale. Il nostro è sicuramente uno sport prettamente maschile, la maggior parte dei maestri e dei preparatori sono uomini e anche la sciabola è un’arma molto maschile. Richiede forza, potenza, mentre il fioretto è molto più elegante e femminile».

Fra studio, sciabola e gare in giro per il mondo quanto tempo libero ti rimane?

«Pochissimo, ma quello che c’è mi piace trascorrerlo in famiglia e con gli amici. Adoro la musica, infatti ho suonato per molto tempo la chitarra e mi piace ballare in discoteca, anche se spesso non è facile perché nei periodi di intensa preparazione atletica bisogna rispettare alcune regole ben precise: regolarsi con cibo e alcol, risposare tanto, quindi è vietato fare l’alba».

Quanto è importante lo sport nella vita?

«Credo che lo sport sia come la scuola. Non è importante solo a livello fisico, ma anche formativo. Ci completa come persone».

Quali sono i principi e i valori che trasmette la scherma?

«Disciplina, accettazione ed elaborazione dell’errore, autocritica, equilibrio, lucidità, freddezza. La sciabola è velocità e decisione, insegna tantissimo a pensare».


Ho intervistato Chiara a Martina Franca, in Puglia, mentre si perdeva fra le bellezze di questa città che per lei è diventata una piacevole evasione. Perdutamente innamorata della sua splendida Roma, mi confida che non ambisce a trasferirsi all’estero, ma le piacerebbe rimanere qui, nella sua bella Italia. La speranza è che questo Paese non si lasci sfuggire tanto talento e bravura. 

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