Maria Teresa Trivisano

Dalle modelle formose a quelle obese: la deriva pericolosa del fenomeno plus size verso nuovi canoni di bellezza, sotto mentite spoglie

C’è un confine non molto sottile tra la formosità e l’obesità. Con l’affermazione del modello curvy alla riscoperta di una bellezza più generosa, ma altrettanto sensuale sono sorti tantissimi esempi di corpi lontani dalle silhouette filiformi che per anni hanno dominato le passerelle.

Il modello curvy

Ashley Graham è l’esempio lampante di una body revolution che non si indigna davanti alla cellulite o a una pancia non proprio piatta, ma (coraggiosamente) ne dà sfoggio, senza farne alcun segreto. Cavalcando l’onda del suo esempio, sono nate tantissime icone plus size, ingaggiate da famosi brand per sponsorizzare una moda che sposta i suoi orizzonti oltre la taglia 42. Alcuni colossi del fast fashion come H&M e Mango hanno inaugurato da tempo collezioni riservate alle donne formose. Sul web sbocciano quotidianamente community, hashtag e fan page intente a celebrare l’amor proprio, oltre i cliché. Tutto questo piace e funziona, perché ha contribuito notevolmente a “rimodellare” l’opinione pubblica attorno alla concezione di bellezza, smussandone gli angoli più spigolosi.Ashley Graham1/4

Non è questione di arrendevolezza, ma di sana accettazione: classificare le donne per la forma a pera, a mela, a natura morta, etichettarle con neologismi stranieri è svilente e imbarazzante. La verità è che siamo tutti consapevoli delle proprie imperfezioni e la maggior parte di noi ne ha almeno una alla quale attribuire qualche complesso adolescenziale o ancora esistente. Tuttavia, se si tratta di qualche curva in più è importante andare avanti e trovare il mondo per sentirsi sicure e valorizzarsi: questo esercito di donne sorridenti e prosperose ci aiuta a farlo.

Il pericolo

La situazione degenera quando inevitabilmente sfugge di mano, quando a definirsi curvy sono modelle evidentemente obese che potranno anche avere uno sguardo sexy, ma non possono rappresentare assolutamente un modello da seguire. Tess Holliday è una ragazza con 1.736.682 followers, ogni sua foto è commentata da tantissime donne, alcune di loro hanno il suo stesso peso e la ringraziano per il suo esempio, affermando di aver imparato a sentirsi bene anche così, senza diete, sport e quant’altro. 

Un rischio pericoloso che dalla celebrazione di una bellezza morbida e più naturale degenera nel vicolo cieco dell’obesità, invitando a gettare le armi contro una vera e propria malattia.

Dia&Co, un brand di abbigliamento plus size ha lanciato l’hashtag #DiaARMy per incoraggiare tutte le donne a liberarsi dall’ansia di esporre le proprie braccia in estate, anche se non sono toniche o muscolose. Se nell’era del 3.0 gli hashtag diventano le protesi indispensabili per la nostra autostima allora è giusto studiarli con cura. L’iniziativa sarà stata sicuramente lodevole ma ha galvanizzato tantissime ragazze che in realtà hanno bisogno di un unico messaggio: quello di prendersi cura di sé, liberandosi di quei kg di troppo.

Le parole da pesare

Un messaggio che non divide magre e curvy, non celebra nessun modello, ma è dalla parte della salute. Soraiya Fuda, giornalista per il «The Daily Telegraph Australia», in un recente articolo scrive di come il “politically correct” ci abbia deviato al punto che non riusciamo più a essere sinceri. Siamo più inclini a mentire, negando l’evidenza senza colpo ferire, piuttosto che a dire la verità, avanzando un consiglio utile e sincero.

Nel frattempo le nostre bugie alimenteranno l’ego di Tess e delle sue followers che ancora più intrepide continueranno a professare il proprio credo iconoclastico, fin quando una verità le salverà.

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