Maria Teresa Trivisano

Nella foto, Sophia Loren lancia un’occhiata “fulminea” al décolleté di Jayne Mansfield, in un ristorante di Beverly Hills (Usa) nel 1958. Lo sguardo è diventato celebre

Nella Divina Commedia di Dante Alighieri, gli invidiosi giacciono l’uno accanto all’altro con le palpebre cucite da un filo di ferro. Gli stessi occhi che nella vita terrena non fecero altro che guardare gli altri, adesso piangono lacrime di sangue. Un contrappasso che ha origini etimologiche considerando che la parola invidia in latino ha la stessa origine di “videre, vedere”. 

Perché l’invidia, considerata uno dei sette vizi capitali, è un sentimento di odio e insofferenza nei confronti di chi riesce a ottenere qualcosa in più di noi. Rispetto agli antesignani Caino e Abele, il tempo non ha addomesticato la natura di questo sentimento, esasperato dall’avvento di nuove vite “insta-bae” (nuovo termine diffuso a Tokyo per indicare momenti, esperienze, cose così belle da condividere su instagram). Non è facile stare al passo con le pose sgraziate dei food blogger che bivaccano in lenzuola d’hotel, tra banchetti di cibo e fiori profumati, né tantomeno è semplice postare una storia al secondo sul tuo sabato sera, se a differenza di chi vive di movida e discoteca, tu vivi di netlflix e divano. Tant’è.

Ci sono due forme di invidia che potremmo definire così: quella di TIPO1, sana e sportiva, linfa vitale per sostenere il proprio miglioramento e quella di TIPO2, cancerogena e dannosa che alimenta il dubbio di essere inferiori a qualcuno, ci rende ostili per il successo degli altri e talvolta ci porta a commettere delle cattiverie nei confronti del “nemico”.

È il caso di Chiara Bordi, la 18enne che ha partecipato al concorso di Miss Italia e si è ritrovata a fronteggiare le critiche di chi l’ha accusata di aver puntato tutto sul vittimismo per quella protesi alla gamba che non tutti possono capire. Fra i commenti alle sue foto postate su Instagram c’è chi le scrive di “vergognarsi”, qualcuno che precisa: «Sei carina, ma c’è chi è molto più bella di te», come se questa ragazza, partecipando al concorso di bellezza, avesse avuto la presunzione di essere nominata Miss Italia a prescindere da tutto.

In questa storia, fatta indubbiamente di ignoranza e cattiveria, probabilmente c’è anche una buona dose di invidia. Agli invidiosi infastidisce che Chiara, nonostante quel brutto incidente che le ha tolto una parte del suo corpo così bello, continui a correre più veloce di prima. Che una ragazza così giovane abbia imparato ad amarsi anche con quella protesi che le consente di vivere ancora. Che sia una vera gnocca, perché diciamocelo: è innegabile.

Nella foto, Chiara Bordi. 

Gli invidiosi di TIPO2 giustificano i successi degli altri, derubricandoli come ovvi e banali, invece di mettersi alla prova per cavare qualcosa di buono dalla loro c(r)apa.

Sono quelli che “piace solo perché ha la protesi”, “è dimagrita, perché è andata dal chirurgo”,”se ha avuto una promozione, è perché se-la-fa col capo”, “è bella perché è truccata, prova a toglierle il fondotinta!”, “la macchina nuova gliela avrà comprata il paparino”, “sta con lei solo perché ha i soldi”, “le vanno tutti dietro perché la-da a tutti”,”ha sicuramente le tette rifatte”, “ha avuto la strada spianata” etc …

Quelli che accecati dalla banalità dell’invidia non saranno mai in grado di guardare in faccia la realtà, ma resteranno per sempre incapaci di un complimento e di uno chapeau davanti ai successi di chi li ha meritati davvero. Il rimedio per le vittime lo suggerisce sempre Dante: “Non ti curar di loro, ma guarda e passa”. 

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