Maria Teresa Trivisano

Storie di corteggiamenti sui social, vocali smarrite e verità difficili: quando l’autenticità muore

VESTIDOS DE NOVIA INSPIRADO EN “LA BELLA DURMIENTE” LONDRES 07/07/2011

Partiamo dal presupposto che il corteggiamento è finito: non c’è più nulla. 

Ci hanno svezzate a pane e Biancaneve, raccontandoci di principi azzurri in sella a cavalli bianchi, ci hanno parlato dell’amore, siamo cresciute addentando mele avvelenate, abbiamo scoperto che alcune ci sono anche piaciute. Siamo diventate donne, in carne e sogni.

Nonostante tutto, però, ci siamo arrese all’idea che i cavalieri dal cuore nobile appartengono solo alle fiabe, che gli incontri casuali per strada accadono solo sul set di Notting Hill – a te al massimo può capitare di inciampare, impattando rovinosamente sull’asfalto, scatenando l’ ilarità dei passanti – che gli aerei, le biblioteche, i discount sono solo ed esclusivamente luoghi adibiti ai viaggi, ai libri e al cibo: niente conoscenze interessanti, niente single colti e fascinosi, niente gentiluomini che ti aiutano a prendere il tetrapak del latte (rigorosamente) scremato dallo scaffale più in alto. Lì sono problemi tuoi. Il tuo capo potrà essere solo una persona di mezza età in crisi con la moglie: nessun mister Grey, nessun milionario, nessuno volo pindarico sui cieli di Las Vegas.

È questione di approcci. 

Questa è la realtà. Oggi le persone si conoscono su Facebook, si parlano su Whatsapp e si spogliano su Telegram. Non esiste più il corteggiamento, perché non siamo più in grado di farlo: non sappiamo più guardarci, desiderarci, avvicinarci e parlarci. È più comodo cercarsi su Tinder, è tutta una questione di comodità. Manca l’approccio classico, quello vero, fatto di occhiate fulminee, sorrisi rubati, mani che si sfiorano, corpi che si avvicinano, voci che si confondono. 

Social

Accade tutto qui, sono questi i luoghi adibiti  alle relazioni sociali. Il problema è che non sappiamo usarli e ti capita di incontrare di tutto. 

Ci sono gli uomini-terapia: ogni due al dì ti salutano, mattina e sera a distanza di otto ore, per circa trenta giorni. Provano a lenire il senso di solitudine, ma tra gli effetti indesiderati causano stress, irritazione e nausea. 

I tipi premurosi: magari non sono nemmeno tra i tuoi amici, ma comunque ti chiedono ripetutamente: “come stai?”.

(Dall’altra parte c’è una donna che non vi conosce per niente e che proprio per questo difficilmente condividerà con voi le gioie o le disgrazie della sua vita. Cosa vi spinge a chiedere a una persona come si sente, se non sapete nulla di lei: non conoscete il suo trascorso, la sua vita, i suoi pensieri, la sua mente?)

Gli uomini brevi: un “tutto bene” lo riducono a cinque consonanti, perché ovviamente non abbreviare implicherebbe uno sforzo immane a furia di inoltrare nelle altre chat. 

Quelli diretti: me-la-dai? 

La razza umana non è poi così esigente: per istinto di sopravvivenza sappiamo fronteggiare anche i periodi di magra e quindi ci adattiamo, però sforzarsi di essere un po’ più originali giova notevolmente alla salute mentale. Probabilmente cambierà poco se  dietro una chat c’è solo l’intento di una notte e via, però anche in quel caso, lavorateci un po’ su che magari le notti diventano due o tre. Se fosse anche solo sesso, fatecelo desiderare: presentatevi, scrivete qualcosa di sorprendente che ci faccia ricordare di voi, che ci spinga a sbirciare nel vostro profilo, che ci tenga incollate alla chat, che ci porti a valutare l’idea di conoscervi.

E compratela una vocale in più!

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